Museo “Palazzo
Corte Metto”


Il Museo è stato ideato, nel suo complesso, per raccontare aspetti diversi dello stesso territorio ponendoli in connessione tra loro, infatti Palazzo Corte Metto include sezioni di geologia, mineralogia, archeologia, zoologia e botanica con particolare riferimento al territorio cadorino nel suo complesso e, più nello specifico, del Comune di Auronzo. Il Museo dispone di un'esposizione multi-tematica che pone in connessione in modo approfondito la frequentazione del territorio e le antiche vie di comunicazione con la storia delle miniere e la caratterizzazione geologica dell'area.
L’esposizione dedicata a miniere, minerali e processi di mineralizzazione permette infatti di cogliere i fattori determinanti per lo sviluppo del contesto insediativo locale.
La sezione dedicata all’antropizzazione antica, di età preromana e romana, è legata al santuario del Monte Calvario e ai collegamenti con il territorio planiziario e centro alpino, attraverso una fitta rete di comunicazioni.
La parte naturalistica costituisce una risorsa importante per la didattica.

Il percorso si divide in tre piani: al primo si trova la sezione dedicata alle scienze naturali, allo sviluppo della stratigrafia geologica, segue il settore dedicato alla storia dell’uomo al secondo piano, mentre il quarto piano ospita la mineralogia e la storia delle miniere (il terzo piano non fa parte del museo).
La ricca esposizione di scienze naturali comprende la fauna del suolo (come parassiti e formiche), di ambiente torrentizio (insetti acquatici, pesci, uccelli migratori e non) e di piante in habitat montano (prati, pascoli di alta quota, boschi, mugheti, ghiaioni, pareti rocciose). Uno spazio è dedicato al mondo di funghi, muschi e licheni, a fenomeni quali l'endemismo, la colorazione autunnale, il contrasto fra giorno e notte, la relazione tra fiori e impollinatori, tra prede e predatori ed il letargo invernale.
Geologia, geomorfologia e processi di fossilizzazione sono raccontati attraverso le serie stratigrafiche locali e con esempi dal territorio, come l'azione erosiva di acque e ghiacciai ed il fenomeno del carsismo. Il calco con le impronte del “dinosauro delle Tre Cime di Lavaredo” fornisce un chiaro esempio di processo di fossilizzazione (vedi sezione “Escursioni nell'area”).
La sezione dedicata alla storia dell’uomo mette in luce le tracce emerse presso il santuario di M. Calvario, ma anche delle varie aree abitative, per lo più di epoca romana e tardo-antica, distribuite all’interno del comune di Auronzo. La frequentazione del santuario, estesa tra le ultime fasi del II sec. a.C. e il IV sec.d.C., è leggibile non solo in base ai materiali votivi preromani e romani, ma anche da una imponente strutturazione. L’interdisciplinarietà delle ricerche si esprime anche in base agli risultati di archeobotanica, che documentano il paesaggio naturale circostante il santuario, l’evoluzione nel tempo delle coltivazioni locali in un determinato sito e la trasformazione di prodotti agricoli, tra cui la vinificazione dell'uva.
Il ricco allestimento mette in rilievo la cartografia, il percorso da Feltre a Passo di Monte Croce Comelico e i tratti di strada preromana e romana portati alla luce dal topografo dell'esercito cadorino Alessio De Bon (1898-1957), sottolineando la stretta connessione tra santuario e viabilità.
L’ultimo piano è interamente dedicato ai giacimenti, allo sfruttamento minerario di Argentiera, Grigna, Ferrera, Pian da Barco, Salafossa e alla storia mineraria del distretto. Di particolare interesse è l'attività di estrazione praticata fino alla seconda metà del XX secolo e presentata attraverso una selezione di minerali provenienti dal territorio. Ogni campione esposto è valorizzato in base alla particolare struttura dei cristalli e processi di formazione.


Impronte di dinosauro ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo

Durata: 1,5 h
Ubicazione/mappa: Cartina topografica Tabacco N° 017 1:25.000

Descrizione itinerario: L’itinerario parte dal Rifugio Auronzo (2320 m) e prosegue verso il Rifugio Locatelli, costeggiando i ghiaioni del versante meridionale delle Tre Cime di Lavaredo. L’itinerario permette la visita al masso di Dolomia Principale con le impronte di dinosauro e l’osservazione di un paesaggio di incommensurabile valore. Il masso misura circa 2 metri in altezza e 2 metri in larghezza e si trova lungo il sentiero in prossimità della chiesetta degli Alpini, dedicata a Maria Ausiliatrice. In corrispondenza della superficie del masso, visibile dal sentiero, sono state identificate, ancora nei primi anni Novanta,alcune orme in successione. Anche se lo stato di conservazione non è ottimale, è possibile distinguere tre dita, con estremità appuntite ben visibili nella seconda orma, riferibili ad un individuo corposo. Le orme sono di circa 25 cm di lunghezza e mostrano affinità con il genere Eubrontes, un carnivoro con un’altezza all’anca di circa 1,5 m, lungo circa 6 metri. Presso Palazzo Corte Metto è attualmente possibile ammirare il calco della superficie del masso e il dinosauro riprodotto a dimensioni reali.

Stagione consigliata: da metà giugno a fine settembre

Riserva Naturale di Somadida

Durata: 1,5/3,5 h
Ubicazione/mappa: Su Protected Planet

Descrizione itinerario: La riserva si trova nei pressi di Palù San Marco, tra Auronzo di Cadore e Misurina. Si tratta della foresta di maggiori dimensioni del Cadore, circondata da Marmarole e Sorapis, gruppi montuosi di recente riconosciuti come patrimonio Unesco, all’interno del sistema delle Dolomiti Settentrionali.
Caratteristiche storiche e del paesaggio visibile durante l’itinerario: Fino a circa 1400 m il bosco è caratterizzato da abete rosso, abete bianco e faggio, con terreno umido e frequenti ristagni d’acqua. La complessità geologica del territorio permette di ammirare due tra le formazioni piu’ importanti: la Dolomia Principale e il Calcare Grigio. Notevoli processi erosivi causati da ripidi torrenti, tra cui in particolare il Rio di San Vito (conosciuto come Albio), hanno creato versanti scoscesi e numerose cascate. Le acque della valle vengono drenati dall’Ansiei, che nasce nel lago di Misurina, e costeggia la riserva lungo il limite nord.
La Foresta di Somadida, conosciuta storicamente per il pregio del legname, venne donata nel 1463 dalla Magnifica Comunita’ di Cadore alla Repubblica di Venezia, per i lavori dell’arsenale e le alberature delle navi, utili nella guerra contro i Turchi (vedi “la Vizza di San Marco”). Tali diritti, una volta caduta la Serenissima, passarono all’autorita’ francese e dal 1814 al 1866 la Foresta di Somadida fu parte del demanio del Regno Austriaco e successivamente, nel 1877, proprieta’ dello Stato italiano. Nel 1972 venne istituita, con Decreto Ministeriale, la Riserva naturale Orientata di Somadida. La gestione storica del bosco di abete viene effettuato secondo il sistema tradizionale di taglio “cadorino” (taglio saltuario o a scelta), che consente il mantenimento del soprasuolo forestale. L’attuale piano di gestione della Riserva, affidata all’Ufficio Territoriale per la Biodiversita’ di Vittorio Veneto, permette il rinnovo di alcuni nuclei di piante e consente una maggiore presenza di latifoglie, considerate nei secoli passati per lo più come specie invadenti. Ad accogliere i visitatori della Riserva c’è un Centro Ecologico con diorama, pannelli e indicazioni, nei pressi dell’accesso.
Nell’area pianeggiante e centrale della Riserva si possono praticare tre percorsi, a diversi livelli di difficolta’, partendo dalla loc. Ponte degli Alberi o dal Centro Visitatori. Il primo itinerario segue la strada principale dall’ingresso fino alla loc. Le Briglie, dove si raggiunge il torrente Albio (circa 2km).
Il secondo tragitto o “anello grande” (4 km), indicato da appositi cartelli, si sviluppa in parallelo lungo il torrente Ansiei e permette, per un ampio tratto, di osservare numerose specie tipiche dell’ambiente umido.
Il terzo percorso o “anello piccolo” si sviluppa per circa 2,5 km e condivide diversi tratti con “l’anello grande”, nonostante sia più breve. La prima parte del percorso attraversa una fustaia, costituita per lo più da piante di diversa età di abete rosso, abete bianco, faggio ed acero; l’ultimo chilometro ricade invece nella fustaia tagliata a raso durante la Prima Guerra Mondiale, attualmente costituita da piante, della stessa età, per lo più di abete rosso.

Stagione consigliata: da maggio a fine ottobre

Museo “Palazzo Corte Metto”

 

Pubblicazioni

  • Dinosauri nelle Dolomiti: Recenti scoperte sulle impronte di dinosauro nelle Dolomiti. Paolo Mietto; Matteo Belvedere; Mara Barbuni. Belluno: Fondazione G. Angelini in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova (Dip.to di Geoscienze), la Cooperativa di Cortina.
  • La Strada Romana del Comelico. Alessio De Bon. Bolzano. Pubbl. in: Atesia Augusta, a. 2, feb. 1940.
  • La via Claudia Augusta Altinate. Alessio De Bon. a cura di Sergio De Bon e Renza Fiori. Pieve di Cadore: Tipografia Tiziano, 2010. Veneto.
  • Archeologia cadorina: una strada romana per Montecroce di Comelico?. Giovanni Fabbiani. In 3 puntate: A. 16 n. 93 (giu.-dic. 1944); A. 18 n. 94 (gen.-mar. 1946); A. 18 n. 95 (apr.-giu. 1946) 2000.
  • Il Lume della Miniera sulle Montagne del Cadore. Alcide Zas Friz. Feltre: Tipolitografia Beato Bernardino. 1999.
  • Miniere e metalli in Cadore. Serafino De Lorenzo. Pieve di Cadore: Edizioni Comitato Cadore 1848-1998, stampa 1999.
  • Uso dei valichi alpini orientali dalla preistoria ai pellegrinaggi medievali. Belluno, Palazzo Crepadona, 23-24 ottobre 1999. Belluno: Fondazione G. Angelini, 1999.
  • Romanità in provincia di Belluno. Atti del convegno organizzato dagli “Amici del Museo” sotto gli auspici del Comune di Belluno, Belluno 28 – 29 ottobre 1988. A cura di: Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Padova, Archivio Storico di Belluno, Feltre e Cadore, Fondazione Giovanni Angelini – Centro Studi sulla Montagna. 2. edizione riveduta e corretta. Editoriale Programma, 1995.